Il presidente Viktor Orban dichiara: “Viviamo in una prigione totale e molti ancora non se ne rendono conto, plagiati dai media di regime. Tutti i fantasmi che qualcuno pensava fossero stati fugati – sulla scia di testi di storia completamente distorti, falsi ed alterati – stanno prendendo corpo, e sotto le mentite spoglie di agnelli che lavorano per una presunta e miracolistica unificazione europea, i mostri e gli spettri più cupi del passato stanno tornando minacciosamente a galla per una sorta di attacco finale ai popoli”.
L’uomo della sovranità, l’uomo che ha osato NAZIONALIZZARE LA BANCA CENTRALE e vietare i distruttivi OGM nel proprio Paese, l’uomo che è diventato un esempio e modello per centinaia di milioni di europei distrutti dall’usura internazionale e dal golpe masso-mafioso dei poteri occulti che dominano l’Europa, ha preso la situazione di petto ed ha parlato alla Nazione in diretta TV.
Il presidente Viktor Orban
Senza peli sulla lingua, Orban, ha esordito parlando del Nuovo Ordine Mondiale e di cosa gli stati devono fare per liberarsi da questo diabolico cancro mondialista, proteso a distruggere non solo le nazioni e le costituzioni, ma le famiglie, “la Famiglia”, e gli stessi uomini. Orban ha parlato di “debiti fittizi e inestinguibili” creati per espropriare la proprietà privata a milioni di cittadini occidentali e di guerre spacciate per missioni di Pace.
Orban nell’occasione ha chiamato a raccolta tutta la Nazione, tutti gli ungheresi di buona volontà sono stati chiamati a dare il proprio contributo in termini pratici e di idee, per contrastare il male assoluto che vuol distruggere e schiavizzare la Nazione, come è già avvenuto con la Grecia ed in buona parte con Spagna, Portogallo, Irlanda, Cipro e Italia.
Forza Orban! Forza Ungheria! L’Italia e gli Italiani ora hanno un modello da seguire. E non esistono più alibi e mezze misure per nessuno.
Ed ora… una sigla oscura e minacciosa, OTW, Owning the Weather. Possedere il tempo (sotto il profilo meteorologico)… parole che fanno venire i brividi. Eppure questo è diventato da anni il “credo” del Pentagono, sempre a caccia di sistemi che offrano una maggiore letalità da contrapporre ai suoi nemici.
Da più di 40 anni gli Stati Uniti stanno incoraggiando la ricerca di ciò che è stato descritto come “modificazione del clima per scopi benefici”… anche se, in realtà, è per un possibile uso bellico. Il capo di stato maggiore della US Air Force, generale Thomas D. White durante il meeting consultivo presidenziale Weather Control, dichiarò con fermezza che “possedere il tempo” costituiva un’arma molto più potente della bomba atomica”.
A prima vista, certo, l’idea di rendere fertili le zone aride aiutandone il clima, potrebbe sembrare la porta del paradiso: i popoli che da secoli si sono avvicendati nei deserti, rispettosi dell’acqua nascosta in profondi pozzi, arsi dal sole e dalla sabbia rovente, potrebbero avviare una nuova era di benessere con queste tecnologie moderne che consentono di spostare gli eventi meteorologici a loro favore sul pianeta. L’acqua è uno tra i quattro elementi che costituiscono l’universo secondo tutte le filosofie dell’antichità. L’acqua, chiamata “sorella” da Francesco d’Assisi per essere la principale fonte della vita, costituisce il 99 % del nostro corpo.
In tutte le culture del mondo, sotto forma di fiumi, mare, ghiaccio, l’acqua fu adorata come divinità, nei suoi diversi aspetti: un tabù? Forse, è più scienza che tabù tenere in alta considerazione un elemento non solo così prezioso, ma senza il quale noi non esisteremmo neppure!
Sarebbe troppo bello pensare che questo homo sapiens, a fronte della cooperazione offertagli da Gaia, accettasse l’invito con serietà, disponendosi a corrispondere adeguatamente… ma non l’ha mai fatto e probabilmente non lo farà mai.
Possedere il clima non è una semplice arma, ma è soprattutto un “sistema” per la distruzione di massa. Fabio Mini, generale di corpo d’armata, già capo di Stato maggiore del Comando NATO per il Sud Europa, ha guidato il Comando Interforze delle Operazioni nei Balcani, oltre ad essere stato comandante delle operazioni di pace a guida NATO nello scenario di Guerra in Kosovo.
A proposito di controllo del clima, Mini ricorda che gli esperimenti militari per alterare la ionosfera incominciarono a metà degli anni 50 del secolo scorso. All’epoca, gli USA fecero esploder tre ordigni atomici a fissione nucleare nella parte inferiore della fascia di Van Allen e altri due a fusione nucleare nella parte alta dell’atmosfera, provocando ampi buchi nella ionosfera che oggi pregiudicano il sistema che ci protegge dalle radiazioni provenienti dal cosmo. Le comunità scientifiche protestarono finché Washington non le sospese, peccato che i russi abbiano ritenuto opportuno, dal canto loro, avviare sperimentazioni analoghe. I governi non offendano la nostra intelligenza accusandoci di aver usato con troppo zelo bombolette spray fino a creare il famigerato buco dell’ozono! I colpevoli sono questi esperimenti temerari.
Alcuni documenti della CIA, ormai non più secretati, testimoniano come negli anni della guerra in Vietnam, gli Stati Uniti con l’Operazione Popeye, prolungarono la stagione monsonica sul Laos rimpinzando le nuvole di ioduro d’argento. Le strade diventarono così fangose da impedire la movimentazione militare dei loro nemici. Anche nei nostri cieli, spesso, notiamo delle scie “chimiche”, ottenute mettendo nel carburante degli aerei alcune sostanze chimiche tra cui particelle di bario e alluminio…
Il progetto HAARP (High frequency Active Auroral Research Program), finanziato dal Pentagono, e ufficialmente già concluso, è in grado di inviare onde radio nella ionosfera, riscaldandola e causando volutamente delle perturbazioni, simili a quelle provocate dalla radiazione solare. Il motivo? Si dice “per studiare quanto queste influiscano sulle comunicazioni a breve e a lunga distanza”. Possono provocare, però, interruzioni sulle reti elettriche, sul pompaggio degli oleodotti e influenzare gli elementi naturali con onde radio ad alta frequenza…
Per HAARP è stata costruita in Alaska (Gakona) una base militare in cui sono stati installati circa 200 piloni su ognuno dei quali si trova una coppia di antenne per la banda bassa e per la banda alta, in grado di raccogliere e trasmettere onde ad alta frequenza fino a una distanza di 350 km. Le onde possono essere lanciate contro la ionosfera e deviate verso zone strategiche del pianeta. Come spesso succede, l’operazione si veste di nobili scopi: lo studio della ionosfera e lo sviluppo di nuove tecniche radar, che rendano possibili radiografie di terreni, in modo da rilevare armi od attrezzature a decine di chilometri di profondità… un’innocua stazione scientifica, insomma.
Il recente, voluminoso saggio di David Icke, “L’imbroglio della realtà e l’inganno della percezione”, contiene, oltre agli approfondimenti dei temi che l’autore britannico tratta da alcuni anni, nuove ed interessanti intuizioni che si possono rapportare al problema per antonomasia, la biogeoingegneria clandestina.
Preveniamo subito l’obiezione di coloro che considerano Icke figura ambigua e non del tutto credibile: concentriamoci sul messaggio e non sul messaggero. Se il messaggio si incastra bene, come una tessera nel mosaico che da anni stiamo componendo, significa che bisogna meditarlo e vagliarlo con serenità e discernimento per decidere quanto è plausibile e quanto non lo è.
Veniamo ora al dunque, ossia all’argomento frequenze ed al loro collegamento con l’RNA/DNA che è possibile modificare (snaturare) non solo per via chimica, ma anche per via vibrazionale.
Scrive Icke, basandosi sulle informazioni del musicologo Steve Clarke: “Le frequenze armoniche, definite anche sovratoni o ipertoni, sono espressioni di una frequenza primaria. Quando pizzichiamo la corda di una chitarra o di un violino, ad esempio la nota “la” (corrispondente a 440 hertz, ovvero 440 vibrazioni al secondo), questa è la frequenza primaria o fondamentale, ma, allo stesso tempo, ciò innesca altri cicli che si avvicendano in una sequenza ricorrente e prevedibile (È quanto avviene anche con la risonanza Schumann, il “battito cardiaco” della Terra, n.d.r.) e che insieme producono la musica che udiamo.
La frequenza primaria, in questo caso 440 hertz, si chiama prima armonica, 880 hertz è la seconda armonica etc. […] Qualcuno ha regolato i toni, usando l’ingegneria genetica ed altre tecniche per sincronizzare il Corpo-Mente degli esseri umani con determinati toni e frequenze, formando delle onde stazionarie.
Le onde stazionarie si creano quando onde identiche collidono e, in termini di movimento in avanti, si cancellano a vicenda. Nel momento in cui un’onda cancella l’altra, si produce un’onda risonante che “corre sul posto”, allora le onde assumono la forma di picchi e solchi. L’altezza dei picchi (creste, n.d.r.) dipende dalla frequenza. Questa forma ricorda il DNA che è un fenomeno in configurazione d’onda. Il DNA è effettivamente un’onda sonora e può essere modificato da altre onde sonore che sincronizzino la propria frequenza con la sua. […] La sincronizzazione distruttiva avviene quando le frequenze disarmoniche fanno vibrare altre frequenze (come quelle della Terra e dei campi energetici umani) in uno stato di squilibrio e distorsione”. […]
Lo stato vibrazionale dell’RNA/DNA è sincronizzato con la falsa realtà della Matrice (la “realtà” ridotta alla minuscola gamma di frequenze coincidenti con la luce visibile, n.d.r.). Non solo, questa situazione implica pure la disattivazione di molti filamenti di DNA, lasciandone soltanto due. (In effetti alcuni scienziati ipotizzano che un tempo il DNA umano avesse dodici filamenti… n.d.r.).
[…] Un fatto significativo è che la frequenza musicale standard – quella del diapason – a causa delle élites, è stata ufficialmente fissata a 440 hertz per la nota “la”, cui corrisponde la modifica di tutte le altre note. Questa regola fu adottata nel 1917 dall’American Federation of Musicians e nel 1920 divenne lo standard statunitense; in Germania nel 1939 i nazionalsocialisti imposero che la nota “la” fosse accordata sui 440 hertz.
“Prima della standardizzazione del diapason a 440 hertz (unificazione già propugnata alla fine del XIX secolo dalla Chiesa di Roma ed avversata da Giuseppe Verdi, n.d.r.), la frequenza era per lo più fissata a 432 hertz. L’originale violino Stradivari era costruito per essere accordato a 432 hertz che è un multiplo di 54 cicli di 8: è questa la vibrazione che armonizza i due emisferi del cervello. L’universo reale dovrebbe essere fondato su una serie di frequenze ed armoniche, serie includente i numeri 72, 144 e 432, il che è molto interessante, poiché 72 si ottiene moltiplicando 9 x 8; 144 è il risultato di 18 x 8 e 432 di 54 x 8”.
I numeri 8, 72, 144, 432 ricorrono troppo spesso nelle varie tradizioni (miti, religioni, arte etc.) per essere casuali e sono numeri sacri, laddove il 440 non lo è. L’Istituto Schiller, con sede a Washington D.C., si batte per il ripristino dell’intonazione a 432 hertz, sostenendo che “l’attuale standard potrebbe causare un effetto dannoso per la salute ed un comportamento antisociale”. I 440 hertz sono dissonanti. […] Quando l’orecchio interno è sotto stress a causa di interferenze artificiali (ad esempio, il brusio di Taos, n.d.r.), possiamo sperimentare una sorta di nebbia cerebrale o sentirci intontiti. Il DNA opera in base ai principi del Phi e del numero di Fibonacci ed è in grado di oscillare per proteggersi dall’ambiente e dal logorio derivante dai patttern di interferenza delle onde meccaniche ed elettromagnetiche. Un’intonazione più alta ottenuta artificialmente potrebbe influire sulla capacità del DNA di regolare in modo corretto la nostra composizione genetica”.
Il tema si ripresenta: il Dottor Andrija Puharic, già negli anni ‘50 del XX secolo, scoprì che le frequenze influiscono sul comportamento e sulla percezione nonché sull’RNA/DNA. Gli 8 hertz sono collegati ad uno stato di consapevolezza e sensitività, i 10, 8 hertz alla collera ed all’aggressività, i 6,6 hertz alla depressione.
Questo è un compendio di una parte desunta dal capitolo intitolato “La Matrice è un’onda stazionaria (così come il DNA)”. La trattazione comprende molti altri risvolti ed addentellati che presuppongono ulteriori ricerche e riflessioni. Crediamo che, almeno per ora, possano essere sufficienti queste note. Invitiamo i lettori ad analizzare il soggetto che è piuttosto complesso, ma ricco di “sincronismi” appartenenti sia alla Tradizione sia alla Scienza, quella vera, non la pseudo-scienza dei negazionisti e dei baroni universitari.
Fino a poco tempo siamo stati considerati “teorici della cospirazione” solo per il fatto, che eravamo convinti che il governo degli Stati Uniti era coinvolto in programmi di irrorazione di sostanze chimiche nocive in atmosfera, in altre parole, solo per il fatto che si credeva alle scie chimiche. Ma ora un documento ufficiale del governo degli Stati Uniti rivendica ciò che i media alternativi, i teorici della cospirazione, hanno detto per anni. Secondo il documento, intitolato Modifica Meteo: i programmi, i problemi, la politica, e le potenzialità – la “Modifica del clima”, anche se è una scienza relativamente giovane, ha nel corso degli anni, stimolato grande interesse all’interno delle comunità scientifiche, commerciali, governative e agricole.
Disastri e rischi legati al clima interessano praticamente tutti, dal popolo americano al popolo europeo e non solo.. dato che ogni anno causano indicibili sofferenze umane e perdite di vite umane, oltre a causare miliardi di dollari di perdite economiche alle colture e di altri beni.
Mentre i progetti di modifica delle condizioni meteorologiche sono operativi da quasi 25 anni, queste hanno dimostrato (secondo la commissione del Senato americano) di avere un notevole potenziale per la prevenzione, moderando o alleviando gli effetti negativi, dovuti alle condizioni atmosferiche estreme. Ci si preoccupa molto per quanto riguarda la mancanza di una politica di coordinamento federale sulla modificazione del clima, oltre alla mancanza di un programma (coordinato) di ricerca globale, riguardante lo sviluppo sulla modificazione del clima.
LE SCIE CHIMICHE UCCIDONO!
Le possiamo osservare ogni giorno. Sono bianche, lunghe e persistenti. Invadono i nostri cieli, si disperdono quindi nell’atmosfera, nell’aria che respiriamo. Dopo che sull’edizione inglese del New Scientist era stato ammesso che un’irrorazione dei cieli sarebbe in corso da molti anni, con lo scopo di raffreddare il pianeta – giustificando di fatto la presenza di scie diverse da quelle di condensazione degli aerei civili – anni fa anche un politico svedese aveva espresso la sua preoccupazione al riguardo. Risulta insomma sempre più difficile nascondere l’evidenza, ma ora che il tutto viene dichiarato dal Senato USA, la cosa diventa ancor più grave.
Pernilla Hagberg, esponente del partito ambientalista svedese, si è detta recentemente preoccupata per l’inquinamento e i danni ambientali che i quotidiani aerosol con cui vengono irrorati i cieli di tutto il mondo stanno apportando.
La stessa Hagberg aveva rilasciato qualche anno fa un’intervista al Katrineholms Kuriren, dove ha dichiarato pubblicamente che CIA, NSA (Agenzia di Sicurezza USA) e governo svedese stavano e stanno tuttora collaborando per ricoprire il cielo con emissioni di aerosol, che lei stessa definisce scie chimiche, non scie di condensazione. Le normali scie di condensazione sono costituite da vapore acqueo e si dissipano rapidamente dopo le emissioni dai motori a reazione e sono molto diverse dalle scie chimiche, che a poco a poco ricoprono il cielo fino a creare velature poco convenzionali. Ma a quanto pare anche le stesse scie di condensa sarebbero inquinate. Infatti nell’intervista si precisa inoltre che queste irrorazioni contengono un mix pericoloso di sostanze chimiche, virus e metalli pesanti come l’alluminio, che influenzano il clima. Hagberg ha anche precisato che c’è una totale mancanza di informazioni relativa al programma e alle ragioni che si nascondono dietro a tutto ciò.
Le possibilità sono molte: dall’avvelenamento volontario della popolazione, al controllo del clima, ad altri scopi ignoti di geo-ingegneria. USA e l’ONU si sono finora timidamente nascosti dietro il paravento delle operazioni per la salvezza del pianeta, messo in pericolo dal riscaldamento globale. Queste operazioni sarebbero effettuate con il pretesto di bloccare il Sole, così da abbassare le temperature e fermare lo scioglimento dei ghiacci polari. Pernilla Hagberg ritiene però che si tratti di uno schema di modificazione delle condizioni atmosferiche, progettato per il controllo dei mercati e dei prezzi e per mettere altri paesi in condizioni di svantaggio e pericolo.
Quello che è certo, è che ciò che viene irradiato nei cieli è una miscela di tossine identificabili. Ci sono alluminio e bario nelle forniture di acqua e sui terreni di tutto il mondo e questo dovrebbe rappresentare già una prova più che sufficiente. La Hagberg ha riferito che il governo svedese sta lavorando con governi stranieri e società segrete, perciò sarà impossibile utilizzare il meccanismo di governo per risolvere la questione.
Quel che conta ora è continuare a diffondere la consapevolezza e sensibilizzare l’opinione pubblica in relazione al problema. E, in attesa di trovare una strategia per fermare questo dramma, prendere le dovute precauzioni per difendere la nostra salute, messa a dura prova dalle tossine e dai metalli pesanti diffusi nell’ambiente a causa di queste operazioni. Infine il risultato è che le Scie Chimiche (o chemtrails) uccidono gli esseri Umani e danneggiano l’ecosistema del pianeta.
Presentato nel settembre 2015 il dossier di 56 pagine “Oltre la Disinformazione”, che parla della demolizione controllata del WTC di New York, avvenuta l’11 Settembre 2001. Sono 2363 i professionisti americani che chiedono al Congresso una nuova indagine indipendente dal Governo e dalla politica
Le Torri del World Trade Center di New York non sarebbero state distrutte dall’impatto di due aerei di linea, bensì da un’operazione di demolizione controllata condotta con esplosivi militari a base di nano-termite. A muovere questa pesantissima accusa, che mette in una nuova e drammatica luce l’attentato dell’11 Settembre 2001, è l’associazione americana non profit Architects & Engineers for 9/11 Truth(Architetti & Ingegneri per la verità sull’11 Settembre), costituita dai 2.363 architetti e ingegneri statunitensi che hanno firmato una petizione indirizzata al Congresso degli Stati Uniti per riaprire una vera investigazione indipendente sulla distruzione del World Trade Center.
A tale scopo, questi professionisti hanno appena realizzato una pubblicazione di 56 pagine intitolata Beyond Misinformation, What Science Says About the Destruction of World Trade Center Buildings 1,2 and 7 (Oltre la Disinformazione, Ciò che la Scienza Dice Circa la Distruzione dei Palazzi 1,2 e 7 del World Trade Center), inviata a oltre 20 mila professionisti, professori, legislatori e giornalisti. L’autore del dossier è Ted Walter, direttore del settore Strategia e Sviluppo dell’associazione Architetti & Ingegneri per la Verità sull’11 Settembre, che ha preparato l’opera insieme ad un Comitato composto da Sarah Chaplin, architetto e consulente di Sviluppo Urbano, ex rettore della Scuola di Architettura e Paesaggio dell’Università di Kingston, a Londra; Dr. Mohibullah Durrani, professore di Ingegneria e Fisica presso il Montgomery College del Maryland, USA; Richard Gage, fondatore e direttore generale dell’Associazione Architetti e Ingegneri per la Verità sull’11 Settembre; Dr. Robert Korol, professore emerito di Ingegneria Civile presso l’Università McMaster dell’Ontario; Dr. Graeme MacQueen, professore emerito di Studi Religiosi e di Studi di Pace presso l’Università McMaster dell’Ontario; Roberto McCoy, architetto; Dr. Oswald Rendon-Herrero, professore emerito di Ingegneria Civile e Ambientale presso l’Università Statale del Mississippi.
LE CAUSE DELLA DISTRUZIONE
Secondo la versione ufficiale rilasciata dal governo Bush, le Torri Gemelle del World Trade Center di New York (entrambe di 110 piani per un’altezza di 415 metri) sono crollate a causa dell’impatto, e del conseguente incendio, provocato da due aerei di linea nel corso di un attentato portato a termine da un gruppo di terroristi mediorientali. Inoltre, anche la terza Torre, chiamata WTC 7, un edificio di 47 piani alto 174 metri, sarebbe crollata simmetricamente su se stessa nel pomeriggio di quel giorno, in seguito all’incendio provocato dai detriti della Torre uno. Ebbene, questa soluzione non viene accettata, in quanto definita “non scientifica”, da buona parte degli architetti e degli ingegneri americani.
Questi esperti dell’edilizia dichiarano, infatti, che le tre Torri siano state fatte crollare in seguito ad un’accurata operazione di demolizione controllata provocata dalla disposizione di esplosivi e altri dispositivi, fatti detonare al momento opportuno per far crollare le strutture nel modo desiderato. Non solo. L’associazione degli Architetti & Ingegneri dice chiaramente che l’operazione sarebbe stata preparata prima dell’11 Settembre da specialisti della demolizione che hanno avuto libero accesso alle Torri nei giorni precedenti l’attentato. Allo scopo di dimostrare la loro “ipotesi”, così viene definita nel testo per porre un termine di confronto con la tesi ufficiale voluta dal governo Bush, i professionisti americani passano ad una precisa analisi dell’evento, da un punto di vista esclusivamente scientifico.
FORMULAZIONE DI UN’IPOTESI
La storia del crollo di edifici a completa struttura metallica (come le Torri Gemelle) comprende circa cento anni. Durante questo periodo, non si è mai verificato che un edificio di quel genere fosse crollato a causa di un incendio. Tutti, infatti, sono stati abbattuti nel corso di operazioni di demolizione controllata. Nonostante questo dato di fatto, il NIST (National Institute of Standards and Technology), incaricato dal governo Bush di indagare sul disastroso attentato, nei risultati della sua indagine ufficiale ha scritto che ha trovato 22 casi di incendio che tra il 1970 e il 2002 hanno portato al crollo di altrettanti palazzi.
Di questi 22 casi, 15 furono crolli parziali, dei quali cinque superavano i 20 piani di altezza. Analizzando invece ogni singolo caso, lo studio accertò che soltanto in quattro casi si verificò un totale crollo dell’edificio interessato all’incendio, ma nessuno di questi aveva una struttura metallica e il più alto era di nove piani. Vennero fatti anche diversi test presso il Building Research Establishment (BRE) Laboratories di Cardington, in Inghliterra, ma in nessun caso risultò che edifici con una struttura metallica potessero crollare completamente a causa di un incendio, per quanto devastante. La probabilità che un’evenienza di questo tipo potesse accadere, venne scritto, era “extremely low” (estremamente bassa). Se poi si confrontano gli effetti di un crollo dovuto ad incendio rispetto ad un crollo da demolizione controllata, le differenze saltano agli occhi.
Nel primo caso, infatti, il collasso dell’edificio è sempre parziale e si ferma ai piani inferiori. In una demolizione controllata, invece, il collasso è totale, avviene in pochi secondi e la caduta è libera, con una discesa simmetrica sul proprio asse. C’è poi il discorso delleesplosioni. Mentre nel crollo da incendio, se mai si dovesse verificare un’esplosione, avverrebbe là dove le fiamme si sono sviluppate, nel crollo da demolizione controllata le esplosioni si vedono chiaramente piano per piano, all’esterno dell’edificio. Ed è quello che è accaduto nelle Torri Gemelle. In sostanza, quale delle due ipotesi sembra la più probabile per spiegare il crollo delle Torri Gemelle? “Prima di tutto – risponde lo studio degli Architetti & Ingegneri – la probabilità di un incendio che possa aver causato il crollo totale di un edificio molto alto con una struttura metallica, è estremamente basso. Un evento di questo genere non è mai accaduto prima dell’11 Settembre 2001. D’altra parte, nella storia ogni crollo totale di un edificio molto alto a struttura metallica, è stato causato da demolizione controllata. Secondo punto, un incendio che induce un cedimento delle strutture, di fatto non mostra alcuna delle caratteristiche di una demolizione controllata. Inoltre, come può essere visto in ciò che è accaduto l’11 Settembre 2001, la distruzione del WTC 1, WTC 2, e WTC 7 mostra quasi tutte le caratteristiche della demolizione controllata e nessuna caratteristica del collasso provocato da un incendio”. Edward Munyak, un ingegnere specializzato in misure anti-incendio, afferma: “Un collasso globale progressivo potrebbe anche essere straordinario. Ma averne tre in un giorno va oltre ogni comprensione”.
LE INVESTIGAZIONI UFFICIALI
Premesso che per oltre un anno dal disastro il governo Bush ha impedito qualunque investigazione su quanto accadde quel giorno, prima del NIST le indagini ufficiali erano state condotte dalla FEMA (Federal Emergency Management Agency). Il primo a parlare di bombe situate all’interno delle Torri Gemelle, fu l’ingegner Ronald Hamburger della ASCE (American Society of Civil Engineers), che collaborava con la FEMA. Tuttavia, Hamburger si rimangiò i propri dubbi quando gli venne detto che nessuno aveva sentito esplosioni nei pressi delle Torri Gemelle. Non fu il solo a smentire la propria prima impressione. Van Romero, un esperto di esplosivi della New Mexico Tech, rilasciò un’intervista al quotidiano Albuquerque Journal sostenendo: “Il crollo dei palazzi è stato troppo ordinato per essere il risultato fortuito dell’impatto di aeroplani contro le strutture.
La mia opinione, basata su quanto ho visto nei filmati, è che dopo che gli aerei hanno colpito il World Trade Center, ci siano stati dei congegni esplosividentro i palazzi che hanno causato il crollo delle Torri”. Il 21 Settembre, dopo aver parlato con non meglio identificati “ingegneri strutturali”, Romero ritrattò tutto. Il fatto è che il fuoco dell’incendio doveva essere ufficialmente la causa del disastro. I dubbi, però, non mancavano.
Il 29 Novembre del 2001 William Baker, uno degli ingegneri della FEMA, rilasciò al New York Times la seguente affermazione: “Noi sappiamo che cosa è accaduto alle Torri 1 e 2, ma perché la 7 è venuta giù?”. Certo è che, come scrissero i cronisti James Ganz e Eric Lipton del New York Times, per mesi dopo l’11 Settembre gli investigatori non riuscirono ad ottenere i progetti dettagliati degli edifici crollati, ad ascoltare i testimoni del disastro, a fare ispezioni a Ground Zero e ad ascoltare le voci registrate della gente che era rimasta intrappolata all’interno delle Torri. Inoltre la FEMA impedì che gli investigatori si rivolgessero al pubblico per ottenere fotografie e video che avrebbero potuto aiutarli nelle indagini. Sempre in questo ambito di incomprensibile comportamento da parte delle autorità di governo, gli investigatori non riuscirono neppure a prelevare campioni dei detriti delle Torri in quanto, con una fretta sospetta, le migliaia di tonnellate di macerie vennero prelevate, caricate su alcune navi e inviate in Cina e in India per essere smaltite. Così, in data primo Maggio 2002, la FEMA presentò un dossier intitolato World Trade Center Building Performance Study: Data Collection, Preliminary, Observations, and Reccomandations (Studio sulle prestazioni edilizie del World Trade Center: raccolta dati, indagine preventiva, osservazioni e raccomandazioni) nel quale non forniva una spiegazione definitiva per la distruzione di ogni singolo edificio.
Invece, dopo aver posto la questione in termini generali, raccomandava ulteriori indagini per determinare la ragione delle cause. In linea generale, comunque, la FEMA sposava quella che allora sembrava l’ipotesi più verosimile, cioè la “teoria pancake”. Spiegata in termini molto prosaici, vorrebbe dire che le singole solette di cemento dei vari piani superiori, colpiti dall’aereo, sarebbero crollate sul piano inferiore determinando un effetto domino. Il punto, però, è che il piano sottostante in condizioni normali avrebbe resistito all’impatto. Se non lo ha fatto, chiariscono gli architetti e gli ingegneri americani, è perché è venuta meno la forza della sua resistenza. In altre parole, quando un piano crollava su quello inferiore, alcune cariche esplosive distruggevano le colonne portanti di quella seconda soletta, innescando un effetto a catena. Intanto, il 21 Agosto 2002 il NIST subentrava alla FEMA, annunciando nuove investigazioni per 24 mesi. Il NIST ha presentato i suoi rapporti in data Dicembre 2002, Maggio 2003, Giugno 2004, Aprile 2005 e Settembre 2005. Per quanto riguarda le Torri Gemelle, il NIST si è fermato alla “teoria del pancake”, mentre per il terzo edificio, il WTC 7, se l’è cavata sostenendo di non aver notato alcuna “prova che il crollo del WTC 7 fosse causato da bombe, missili o demolizione controllata”. A quel punto, nell’Agosto del 2006 il NIST ha affidato un nuovo contratto alla Applied Researh Associates per studiare il crollo della terza Torre. Il risultato si è avuto nell’Agosto del 2008 quando è stato dichiarato ufficialmente che l’edificio era crollato a causa del fuoco.
LA DISTRUZIONE DELLE TORRI GEMELLE
Il titolo del libro scritto dai ricercatori Frank Legge e Anthony Szamboti è molto esplicito: 9/11 and the Twin Towers: Sudden Collapse Initiation was Impossible (L’11 Settembre e le Torri Gemelle: l’inizio del crollo repentino era impossibile). Infatti, sostengono gli autori, “Un lento, prolungato e cedevole collasso non è stato osservato… Come si nota dai video… la sezione più alta improvvisamente ha iniziato a cadere e a disintegrarsi”. Questo punto di vista tecnico è largamente condiviso nel dossier degli architetti e ingegneri, i quali contestano altre conclusioni cui è giunto il NIST. Per esempio, gli esperti del governo sostengono che le colonne portanti dei piani delle Torri si siano deformate diversi minuti prima del crollo. Di contro, gli architetti e ingegneri fanno osservare che non si sono visti affatto gli “inconfondibili segni d’avvertimento” e le “grandi deformazioni” che ci si aspetterebbe prima di un crollo. Se questo processo è avvenuto, scrivono i professionisti, allora è stato invisibile ed è avvenuto nel singolo istante in cui le strutture sono crollate. Secondo Kevin Ryan, un ex direttore della Underwriters Laboratories, “la diffusione dell’instabilità avrebbe richiesto molto più tempo e non risulterebbe nella caduta libera delle sezioni superiori sulle strutture inferiori”. Il NIST afferma che la Torre WTC 1 è crollata in 11 secondi, mentre la WTC 2 in 9 secondi. In un report di 10mila pagine intitolato Events Following Collapse Initiation (Gli eventi che sono seguiti dopo l’inizio del crollo), il NIST afferma che la caduta libera delle Torri è dimostrata dai video, in quanto “i piani inferiori al livello del crollo hanno offerto una minima resistenza alla tremenda energia rilasciata dalla massa dell’edificio che stava cadendo”.
Il NIST, dunque, non ha provato con alcun calcolo o spiegazione il perché quel crollo sia avvenuto. Ed è per questo che, in seguito alla legge Information Quality Act del 2007, un gruppo di scienziati, un architetto e due familiari delle vittime hanno presentato una richiesta di correzione affermando che le motivazioni del NIST “non erano scientificamente valide”. Secondo questo esposto, il NIST non avrebbe spiegato le cause tecniche, che cosa è realmente accaduto e perché è successo. In altre parole, come poi il NIST fu costretto ad ammettere, gli esperti del governo “non erano in grado di fornire una spiegazione completa del crollo totale”. Un’altra osservazione che mette in forte dubbio i risultati del NIST, riguarda l’assoluta mancanza di decelerazione durante il crollo delle Torri. “Una mancanza di decelerazione – riporta il dossier – indicherebbe con assoluta certezza che la struttura inferiore è stata distrutta da un’altra forza, prima che la parte superiore la raggiungesse”. L’argomento ha provocato molte polemiche. Il primo studio a mettere in dubbio i risultati del NIST è stato The Missing Jolt: A Simple Refutation of the NIST-Bazant Collapse Hypothetis (Il colpo mancante: una semplice confutazione dell’ipotesi del crollo di NIST-Bazant) di Anthony Szamboti, ingegnere meccanico, e Richard Johns, professore di Filosofia della Scienza. Questo studio metteva in discussione le teorie del Dr. Zdenek Bazant e di Jia-Liang Le del NIST, sostenendo che avevano calcolato male la resistenza delle colonne all’interno delle Torri Gemelle. “Semplicemente correggendo quei valori – dicono Szamboti e Johns – l’analisi di Bazant e Le attualmente prova che la decelerazione della sezione superiore sarebbe significativa (se la demolizione non fosse coinvolta) e che il crollo si sarebbe arrestato in circa tre secondi”.
Gli esperti del NIST risposero dalle colonne della rivista Journal of Engineering Mechanics della ASCE con un articolo intitolato Why the Observed Motion History of the World Trade Center Tower is Smooth (Perché la storia del moto osservato delle Torri del World Trade Center è regolare). Secondo la risposta fornita dal dottor Bazant nel 2011, la decelerazione della parte superiore del WTC 1 era “troppo piccola per essere percettibile”. La polemica è ancora in corso, anche se successivi studi hanno accertato che “la costante accelerazione e la mancanza di una osservabile decelerazione, per se stesse, costituiscono una irrefutabile evidenza che siano stati usati esplosivi per distruggere le Torri Gemelle”.
POLVERIZZAZIONE, DISMEMBRAMENTO E ESPULSIONE ESPLOSIVA DEI MATERIALI
Una delle caratteristiche più evidenti della distruzione delle due Torri è stata la quasi totale polverizzazione del cemento. L’allora governatore di New York, George Pataki, scrisse nella sua relazione sul disastro: “Non c’è cemento. C’è veramente poco cemento. Tutto quello che si vede è alluminio e acciaio. Il cemento è stato polverizzato. Ero lì martedì ed era come essere su un pianeta alieno. Su tutta la parte bassa di Manhattan – non soltanto sul posto – da fiume a fiume, c’era polvere, una finissima polvere spessa cinque, sette centimetri e mezzo. Il cemento era del tutto polverizzato”. Oltre a questo, le strutture d’acciaio delle Torri erano quasi interamente smembrate. A parte alcuni muri esterni ancora in piedi alla base di ogni edificio, virtualmente tutti gli scheletri d’acciaio erano rotti in diversi pezzi, con la parte centrale separata dalle colonne esterne. Che cosa potrebbe mai spiegare la quasi totale polverizzazione di circa 3 milioni di metri quadrati di solette di cemento e il quasi totale smembramento di 220 piani di struttura d’acciaio? Il NIST non fornisce alcuna spiegazione e la sola forza di gravità non appare plausibile. Anche perché, viene spiegato nel dossier, l’energia necessaria per polverizzare il cemento e smembrare le strutture d’acciaio è calcolabile in 1.255 gigajoule.
Una misura decisamente lontana dagli stimati 508 gigajoule di potenziale energia gravitazionale contenuta negli edifici. La quasi totale polverizzazione del cemento e lo smembramento delle strutture d’acciaio diventa ancora più incomprensibile se si pensa che il crollo è avvenuto “essenzialmente in caduta libera”. Secondo il dottor Steven Jones, ex professore di fisica presso la Brigham Young University, “Il paradosso è facilmente risolvibile con l’ipotesi della demolizione esplosiva, là dove gli esplosivi facilmente rimuovono i materiali dei piani inferiori, incluse le colonne portanti, permettendo di fatto un crollo in caduta libera”. Un altro fattore inspiegabile è il lancio di materiali verso l’alto e lateralmente, piuttosto distanti dal perimetro degli edifici. Secondo l’analisi Building Performance Study (Studio delle caratteristiche strutturali del palazzo) della FEMA, i materiali dei due edifici sono stati lanciati fino a oltre 150 metri dalla base di ogni Torre. Nel video intitolato North Tower Exploding(L’esplosione della Torre Nord), prodotto dal docente di fisica David Chandler, il professore fa osservare l’espulsione esplosiva di materiali dalla WTC 1: “Sotto la cappa di detriti cadenti, vedete la rapida sequenza di espulsioni esplosive di materiali? Alcuni di questi getti sono stati misurati in oltre 170 km/h… Essi sono continui e molto estesi. Si muovono progressivamente verso il basso dell’edificio, andando allo stesso ritmo dei detriti cadenti… Il palazzo è stato progressivamente distrutto, a partire dalla cima, da ondate di esplosioni che hanno creato una spessa coltre di detriti”.
E continua: “Notate che insieme alla nuvola di polvere vi sono pesanti travi e intere sezioni di frammenti d’acciaio che sono stati lanciati fuori dal palazzo… Alcuni sono finiti così lontano, come due campi di football dalla base della Torre”. Rispondendo a coloro che hanno spiegato l’espulsione esplosiva di questi frammenti degli edifici come il prodotto del crollo, il professor Chandler risponde: “Alcuni suggeriscono che il peso della Torre che crollava sulle travi, le abbia fatte flettere e quindi espellere a causa del conseguente moto. Ma noi non abbiamo visto isolate travi lanciate all’esterno. Noi abbiamo visto la maggior parte della massa dell’edificio… ridotta in piccoli pezzi di pietrisco e polvere fina, espulsa esplosivamente in tutte le direzioni”.
LE CARICHE ESPLOSIVE DELLA DEMOLIZIONE
Secondo lo scienziato Kevin Ryan, l’espulsione esplosiva dei materiali dalle Torri è spiegabile soltanto come “scoppi ad alta velocità di detriti espulsi da precisi punti degli edifici”. “L’ipotesi della demolizione – afferma Ryan – suggerisce che questi scoppi di detriti siano il risultato della detonazione di cariche esplosive piazzate in punti chiave della struttura, per facilitare la rimozione della resistenza”. Inoltre: “Nei video possiamo vedere questi getti essere espulsi dai lati delle Torri a circa 30 piani sotto il fronte del crollo… Ognuno di questi scoppi era costituito da un’improvvisa e secca emissione che appariva provenire da un preciso punto, espellendo approssimativamente tra i 15 e i 30 metri dal lato del palazzo, in una frazione di secondo. Dai fotogrammi estratti da un video della KTLA, possiamo stimare che uno di questi scoppi è durato complessivamente 0,45 secondi. Questo ci fornisce una velocità media di circa 52 metri al secondo”. E’ significativo che il NIST non abbia nemmeno parlato di questi scoppi nella sua relazione finale, mentre nelle sue FAQs (Frequently Asked Questions, cioè le domande più gettonate della relazione stessa) citi gli scoppi come “sbuffi di fumo”, sostenendo che “la massa crollante del palazzo aveva compresso l’aria sottostante – quasi come l’azione di un pistone – forzando il fumo e i detriti fuori dalle finestre mentre i piani inferiori crollavano sequenzialmente”. Secondo Ryan, la spiegazione del NIST non è valida. “I piani delle Torri – sostiene lo scienziato – non erano containers chiusi e altamente pressurizzati in grado di generare alte pressioni abbastanza forti da far scoppiare le finestre. La massa crollante avrebbe dovuto agire come un disco piatto che esercita una pressione uniforme su tutti i punti. Ma le sezioni superiori, esse stesse disintegrate come si vede nei video, non possono esercitare una pressione uniforme. Anche prendendo in considerazione un ipotetico perfetto container e una pressione uniforme, usando la Legge del Gas Ideale per calcolare il cambiamento della pressione, noi possiamo determinare che la pressione dell’aria non potrebbe aumentare abbastanza per far scoppiare le finestre. Gli scoppi contenevano detriti polverizzati, non fumo e polvere. Inoltre i detriti del palazzo da 20 a 30 piani sotto la zona del crollo, non potevano essere polverizzati ed espulsi lateralmente dalla pressione dell’aria”.
I RACCONTI DEI TESTIMONI DELLE ESPLOSIONI
Oltre al ricco materiale fotografico e televisivo riguardante la distruzione delle Torri Gemelle, bisogna considerare anche il numero delle testimonianze raccolte dal New York Fire Department (FDNY) nella sua relazione World Trade Center Task Force Interviews che comprende da 10.000 a 12.000 pagine di dichiarazioni giurate di oltre 500 dipendenti dello stesso FDNY. Non solo. Il dottor Graeme MacQueen, professore emerito di Studi Religiosi alla McMaster University, ha documentato al capitolo 8 del suo The 9/11 Toronto Report, 156 testimoni oculari che hanno parlato esplicitamente delle esplosioni che hanno visto e sentito durante il crollo delle Torri. Di questi 156, 121 appartengono al FDNY e 14 alla Port Authority Police Department. Altri 13 sono giornalisti presenti sul posto. Il professor MacQueen riporta che, in caso di incendio di edifici, si registrano quattro tipi di esplosioni: da vapore, da impianti elettrici, da fumo e da combustione. I vigili del fuoco del FDNY sanno riconoscere questi fenomeni, anche perché sono irregolari e certamente non sincronizzati. Invece, nel caso delle Torri Gemelle, i testimoni hanno parlato di esplosioni precise e distanziate di pochi secondi l’una dall’altra, tanto che alcuni si sono spinti ad affermare che “le Torri Gemelle sono state distrutte dalle esplosioni”. “Si è arrivati al punto – spiega Cristopher Fenyo nell’intervista che ha rilasciato al WTC Task Force – che è infuriata una discussione sulla percezione che abbiamo avuto circa il fatto che il palazzo sembrava fosse stato fatto saltare in aria con delle cariche”. “In effetti, ho pensato che stava esplodendo – ricorda John Coyle, un altro testimone – Questo è ciò che ho pensato in seguito per diverse ore… Penso che chiunque a quel punto pensasse che quei palazzi fossero esplosi”. Nonostante il NIST si ostini ad ignorare le testimonianze, sostenendo invece che non ci siano prove di esplosioni nelle Torri Gemelle, il professor MacQueen, riferendosi alla relazione dei vigili del fuoco di New York, afferma: “Abbiamo avuto 118 testimoni su 503 intervistati.
Circa il 23 per cento del gruppo sono testimoni delle esplosioni. A mio avviso, questa è un’alta percentuale di testimoni, specialmente considerando che a queste persone non sono state rivolte domande circa le esplosioni e, nella maggior parte dei casi, neanche sono state poste domande circa il crollo delle Torri. I testimoni che abbiamo sentito sono stati volontari e, di conseguenza la loro quantità rappresenta non il massimo numero delle testimonianze, ma il minimo”. In conclusione, il dossier sostiene che il NIST, decidendo di non indagare a fondo su quelle che sono state le vere cause del crollo delle Torri Gemelle, ha condotto una “piccola analisi” sul comportamento tenuto dalle strutture edilizie, ignorando volutamente qualunque prova ne potesse derivare. Di conseguenza, il NIST è giunto a conclusioni di carattere speculativo e non scientifico. D’altra parte, l’ipotesi della demolizione controllata spiega largamente tutto ciò che è effettivamente accaduto.
LA DISTRUZIONE DELLA TERZA TORRE (WTC 7)
La terza Torre è crollata su se stessa intorno alle 17 dell’11 settembre, senza essere stata colpita da nessun jet o comunque coinvolta nel crollo delle altre due Torri. Per il NIST, l’evento è normale e rientra nella logica delle cose. L’incendio si sarebbe esteso anche al terzo edificio del complesso, indebolendone le strutture e facendolo crollare. Oltre alla spiegazione verbale, il NIST non ha fornito alcuna motivazione strutturale o scientifica. Secondo David Chandler, docente di fisica che ha studiato a fondo il comportamento del WTC 7, tale spiegazione è del tutto inconsistente. “La terza legge di Newton – afferma il professor Chandler nel suo articolo Free Fall and Building 7 on 9/11(Caduta libera e il palazzo 7 il 9/11) – spiega che quando gli oggetti interagiscono, essi esercitano sempre una forza uguale ed opposta l’uno verso l’altro. Di conseguenza, mentre un oggetto è in caduta libera, se esso esercita una qualunque forza durante il suo percorso, incontrerà degli oggetti che lo spingeranno indietro, rallentandone la caduta. Se dunque un oggetto è osservato essere in caduta libera, possiamo concludere che nulla su quel sentiero esercita una forza per farlo rallentare…”. E continua: “La caduta libera non è compatibile con qualunque scenario naturale che abbia a che fare con la debolezza, la deformazione o la frantumazione delle strutture, in quanto in ognuno di questi scenari ci sarebbero grandi forze di interazione con le sottostanti strutture, che avrebbero fatto rallentare la caduta… Il crollo naturale risultante da caduta libera, semplicemente non è plausibile…”. Il professor Chandler giunge dunque alla conclusione che la caduta libera del WTC 7 è la prova lampante della demolizione controllata. Per confutare questo risultato, il NIST interviene sostenendo che, nel caso del WTC 7, non vi fu caduta libera poiché 18 piani dell’edificio sono crollati in 5,4 secondi, cioè con un margine del 40% più lungo (circa 1,5 secondi) rispetto al tempo stimato della caduta libera. Nonostante questa divergenza di vedute (anche perché pare che l’edificio per circa un secondo sia rimasto fermo, prima di crollare su se stesso), il professor Chandler ha fatto notare che “il crollo non è avvenuto per il cedimento di una colonna, o di alcune colonne o di una sequenza di colonne. Tutte le 24 colonne interne e le 58 perimetrali sono state rimosse simultaneamente nell’arco di otto piani e in una frazione di secondo. In questo modo la metà superiore dell’edificio è rimasta intatta”.
DISMEMBRAMENTO STRUTTURALE IN UN CUMULO DI RIFIUTI
Così come le Torri Gemelle, anche la struttura metallica del WTC 7 è stata completamente smembrata e i detriti hanno formato un compatto cumulo di rifiuti nell’ambito del perimetro dell’edificio. E anche in questo caso lo smembramento dell’edificio si può spiegare soltanto con la demolizione controllata. Del resto, come spiegava nel corso di un’intervista del 1996 Stacey Loizeaux della Controlled Demolition Inc., i demolitori agiscono da due a sei piani, a seconda dell’altezza del palazzo, per colpire le colonne portanti e far crollare l’edificio su se stesso, riducendo anche la grandezza degli eventuali detriti. Inoltre, più che di “esplosione” si dovrebbe parlare di “implosione”, in quanto il palazzo deve crollare senza uscire dal proprio perimetro. Come, appunto, è accaduto nel caso del WTC 7.
C’è poi il discorso delle esplosioni. Il NIST, sempre per confutare l’ipotesi della demolizione controllata, afferma che i testimoni presenti sul posto non hanno udito alcuna esplosione. Invece, come dimostrano i video e le testimonianze, i botti ci furono e in molti li sentirono prima e durante la distruzione.
“Improvvisamente ho guardato verso l’alto e ho visto che il palazzo crollava su se stesso – afferma Craig Bartmer, ex agente di polizia di New York – Ho cominciato a correre e per tutto il tempo ho sentito thum, thum, thum, thum, thum. Credo di riconoscere un’esplosione, quando la sento”. “Abbiamo sentito delle esplosioni – dice il volontario Kevin McPadden – Come BA–BOOOOOM! … ed era come un suono distinto BA–BOOOOOM. Si poteva sentire un rombo nel terreno, come se ci si volesse aggrappare a qualcosa”. Tra le altre testimonianze, c’è anche quella della cronista televisiva Ashleigh Banfield della MSNBC, che si trovava proprio nei pressi del WTC 7 quando è crollato. Nel servizio televisivo che lei stava realizzando, ad un certo punto si sente una forte esplosione e lei dice: “O mio Dio… Ci siamo”. Circa sette secondi dopo che lei aveva sentito la forte esplosione, il WTC 7 è crollato.
PRECONOSCENZA DELLA DISTRUZIONE DEL WTC 7
Circa un’ora dopo la distruzione delle Torri Gemelle, le autorità hanno cominciato a parlare del crollo del WTC 7 con un alto grado di sicurezza e di precisione. Le loro anticipazioni erano talmente certe che alcuni giornali hanno scritto del crollo del WTC 7 ancora prima che avvenisse. Di primo acchito verrebbe da dire che la previsione fosse basata sulla deduzione di quanto era accaduto alle Torri Gemelle. Tuttavia, quando i filmati video furono esaminati con calma, ci si accorse che la notizia era basata su una precisa conoscenza dei fatti. Dal momento che gli ingegneri si definivano sbalorditi per quanto era accaduto al WTC 7, come facevano le autorità a predire un evento che neanche gli ingegneri sapevano spiegarsi quattro anni e mezzo dopo? Del resto, ci sono prove inconfutabili di esplosioni avvenute nell’edificio: durante una ripresa televisiva, la CNN ha registrato l’inconfondibile suono di un’esplosione proveniente dal WTC 7 e l’urlo di un operaio che avvertiva come il WTC 7 “stava esplodendo”, pochi secondi prima del crollo. Nonostante tutto questo, il NIST si è rifiutato di prendere in considerazione qualunque prova.
LE REAZIONI AD ALTA TEMPERATURA DELLA TERMITE
Secondo la NFPA 921, cioè la guida ufficiale americana le cui norme devono essere seguite in caso di indagini inerenti eventuali incendi o esplosioni, è necessario valutare tutte le possibili fonti per accertare le cause dei disastri sui quali si indaga. Una di queste fonti, da prendere in considerazione nell’eventualità di fusione dell’acciaio, è la termite. Si tratta di una miscela esplosiva altamente incendiaria, a base di polvere di alluminio e triossido di ferro, in grado di sciogliere istantaneamente l’acciaio. Normalmente, la termite viene usata per saldare i binari e per usi militari (all’interno delle granate). Ebbene, per evitare di parlare della termite nel caso dell’11 Settembre, il NIST si è rifiutato di adottare la consueta procedura della NFPA 921 “negando, ignorando o accampando spiegazioni di carattere speculativo, non basate su analisi di tipo scientifico”. E questo, afferma il dossier, “in quanto non esiste alcuna plausibile e logica spiegazione della presenza di reazioni chimiche ad alta temperatura, se non quella di una demolizione controllata, usando meccanismi a base di termite”. Secondo il NIST, i rivoli di metallo fuso che fuoriuscivano già dalla Torre 2 prima del crollo totale, erano di alluminio fuso. C’è un problema, però.
Come si vede distintamente dai video sul disastro di New York, i rivoli di metallo fuso che fuoriuscivano dalle Torri Gemelle erano di un giallo-fuoco brillante, mentre l’alluminio fuso è di colore argenteo.
Come spiega il dottor Steven Jones nel suo Why Indeed Did the WTC Buildings Completely Collapse (Perché davvero gli edifici del WTC sono completamente crollati), “Il color giallo implica un metallo fuso con una temperatura approssimativa di 1000 °C, evidentemente al di sopra di quella che l’incendio da idrocarburi avvenuto all’interno delle Torri avrebbe potuto produrre. Inoltre, il fatto che il metallo liquido tendesse ad una sfumatura color arancio in prossimità del terreno… esclude ulteriormente la presenza di alluminio”. Il NIST, non appena si è reso conto che la sua posizione era indifendibile, ha cercato di correre ai ripari sostenendo che “il color arancio era dovuto al fatto che l’alluminio liquido si era mescolato con solidi materiali organici, cambiando colore”. Tuttavia il NIST non si è premurato di verificare se questa affermazione corrispondesse alla realtà. Lo ha fatto, invece, il dottor Jones accertando che, anche in quel caso, “l’alluminio fuso non altera affatto il suo colore”.
METALLO FUSO TRA I DETRITI
A complicare la situazione del NIST, che palesemente cercava di “vendere” soluzioni diverse dalla realtà oggettiva, c’erano le testimonianze in loco. Leslie Robertson, uno dei progettisti delle Torri Gemelle, ha raccontato: “Eravamo al livello B-1 e uno dei vigili del fuoco ha detto: ‘Credo che questo dovrebbe interessarvi’. E ci ha mostrato un grosso blocco di cemento sul quale scorreva un piccolo rivo di acciaio fuso”. Ma non fu l’unico testimone. Il capitano Philip Ruvolo ricorda la scena a cui assistette insieme ad altri vigili del fuoco: “Se guardavi sotto, vedevi acciaio fuso, acciaio fuso che scorreva giù, lungo i canali delle inferriate, come se fossimo stati in una fonderia, come lava”. Secondo il NIST, il più alto grado di temperatura raggiunto dagli incendi nelle Torri, è stato di 1.100 °C. Tuttavia, l’acciaio delle strutture non comincia a fondere con meno di 1.482 °C. Come si spiega, dunque, la presenza del metallo fuso? Il NIST semplicemente non risponde, ignorando il problema.
ACCIAIO SOLFORATO NEL WTC 7
Ben presto un altro importante dettaglio metteva in grosse difficoltà il NIST e i suoi investigatori. Come hanno scritto James Glanz e Eric Lipton sul New York Times nel febbraio del 2002, parlando di alcuni pezzi di acciaio provenienti dal WTC 7, “Un’analisi preliminare del Worcester Polytechnic Institute… suggerisce che zolfo rilasciato durante gli incendi – nessuno sa da dove – possono essersi combinati con atomi dell’acciaio formando un composto che si scioglie a temperature più basse”. Pare che i docenti del WPI fossero scioccati dall’apparenza di “formaggio svizzero” assunta dai frammenti di acciaio. Come era potuto accadere? La risposta è venuta dal dottor Steven Jones che nel suo “Revisiting 9/11 – Applying the Scientific Method” (Rivisitare l’11 Settembre – Applicando il Metodo Scientifico) afferma: “Una semplice spiegazione per l’origine dello zolfo, così come per la corrosione e l’erosione da alta temperatura, è la termate, che viene prodotta quando lo zolfo è aggiunto alla termite. Quando si aggiunge lo zolfo alla termite, si fa in modo che l’acciaio fonda ad una temperatura molto più bassa e più velocemente. Per cui, invece di avere un grado di fusione a 1.538 °C, fonde a circa 988 °C e si ottengono la solforazione e l’ossidazione dell’acciaio attaccato…”. Ancora una volta il NIST ha ignorato l’evidenza, rispondendo che di fatto non era possibile analizzare un pezzo di acciaio proveniente dal WTC 7, in quanto tutti i detriti erano stati portati via da un pezzo, quando le indagini sono iniziate. In seguito, ricevendo ulteriori pressioni, il NIST ha ammesso di aver fatto analizzare un pezzo di acciaio proveniente dal WTC 7 (prima ne aveva negato l’esistenza), ma dagli esami non era risultato nulla.
SFERE DI FERRO E ALTRE PARTICELLE NELLA POLVERE DEL WTC
Tre diversi studi scientifici hanno accertato la presenza di altissime temperature durante la distruzione delle Torri Gemelle. Il primo, The RJ Lee Report, presentato nel maggio 2004, era intitolato WTC Dust Signature (WTC La firma della polvere) e aveva identificato nella polvere del WTC “sfere di ferro e sfere o vescicole di particelle di silicio, che risultano essere prodotte dall’esposizione ad alte temperature”. Nel dettaglio, era spiegato che mentre nella normale polvere di un edificio le particelle di ferro costituiscono fino allo 0,4 per cento, in quella del WTC la percentuale era del 5,87 per cento. Inoltre, molto alta era anche la percentuale di ossido di piombo, prodotto quando il piombo raggiunge il suo punto di ebollizione a 1.749 °C.
Il secondo documento era The USGS Report, presentato nel 2005 come studio dell’US Geological Survey con il titolo Particle Atlas of World Trade Center Dust (Atlante delle particelle nella polvere del World Trade Center). Questo studio rivelava nella polvere particelle ricche di sfere di ferro. Il terzo studio è stato pubblicato dal dottor Steven Jones e altri sette scienziati nel 2008 con il titolo Extremely High Temperatures during the World Trade Center Destruction (Temperature estremamente alte durante la distruzione del World Trade Center). In questo caso sono state rintracciate nella polvere del WTC sfere di ferro e silicati, oltre ad altre di molibdeno. Tutto questo materiale è stato vaporizzato nell’aria a causa di altissime temperature. Nel caso del molibdeno, il suo punto di fusione è a 2.623 °C.
NANO-TERMITE NELLA POLVERE DEL WTC
Ma le sorprese non sono finite qui. Nell’aprile del 2009 un gruppo di scienziati guidati dal dottor Niels Harrit, un esperto di nano-chimica che ha insegnato per oltre 40 anni all’Università di Copenaghen, ha pubblicato sulla rivista internazionale Open Chemical Physics Journal, un articolo intitolato Active Thermitic Materials Discovered in Dust from 9/11 World Trade Center Catastrophe (Materiali termitici attivi scoperti nella polvere della catastrofe dell’11 Settembre al World Trade Center). Questo studio ha rivelato la presenza di nano-termite (e cioè una specie di termite esplosiva progettata a livello di nano-particelle) nella polvere seguita al disastro. I campioni da analizzare furono prelevati in due riprese: il primo venti minuti dopo il crollo del WTC 1, gli altri due nel giorno successivo. Lo studio giunse alla conclusione che WTC 1, WTC 2 e WTC 7 furono tutti distrutti da demolizione controllata e altri materiali incendiari. Inutile dire che, anche questa volta, il NIST ha ignorato la richiesta dei ricercatori indipendenti sulle cause che hanno portato alla distruzione del WTC.
LE PROVE DEL NIST PER IL FALLIMENTO DELL’INCENDIO INDOTTO
Premesso che il NIST riuscì ad ottenere 236 pezzi dell’acciaio del WTC, il risultato delle sue analisi è sempre stato in aperta polemica con i sostenitori della demolizione controllata. In tutti i modi il NIST ha provato a ribattere alla pioggia di critiche di chi portava prove e fatti a dimostrazione che le tre Torri siano state intenzionalmente distrutte con esplosivi. Il problema è che, in realtà, non ci sono prove a supporto della teoria che gli incendi abbiano fatto crollare edifici a struttura metallica come quelli. Il NIST ha provato anche a costruire modelli digitali per dimostrare le proprie tesi, ma sono sempre mancate le prove scientifiche per poter affermare senza possibilità di dubbio che, in effetti, siano proprio stati gli incendi ad abbattere quei giganti della moderna edilizia e ad uccidere quasi tremila persone.
L’unica possibilità per accertare la verità resta dunque quella di una nuova indagine parlamentare, libera dal controllo governativo e dalla supervisione politica. Intanto, gli Architetti & Ingegneri per la verità sull’11 Settembre hanno presentato un esposto internazionale affinché l’AIA Convention 2016 appoggi una nuova indagine su quanto accadde quel giorno a New York. Di certo anche l’attuale governo degli USA non ha alcun interesse a mettere in piazza eventuali responsabilità governative sull’11 Settembre. L’americano medio non può e non vuole accettare l’idea che il proprio governo sia implicato in un atto criminale di quelle proporzioni. Che fine farebbe la fiducia degli americani verso le proprie istituzioni? Dunque, al momento, tutto resta vago e indefinito. L’unica cosa certa è che le 2974 vittime degli attentati al WTC di New York (2999 se si calcolano anche quelle morte in seguito) restano sempre in attesa di giustizia.
Se il tempo sarà galantuomo, prima o poi i colpevoli di questa immane strage avranno un nome e un cognome, additati al pubblico disprezzo dall’umanità intera.